Io sono io

Come deve essere un racconto di Carver

Editing di Gordon Lish della parte finale di un racconto di Raymond Carver – fonte: web

Dialoghi ridotti all’essenziale, personaggi abbozzati appena e immersi nella loro disperante quotidianità; drammi rappresentati fra le mura domestiche, alla luce fredda del neon di una cucina; gesti meccanici e agiti freddi e distaccati. Questi alcuni degli ingredienti dei racconti minimalisti di Raymond Carver. Ma come sappiamo le cose non stavano esattamente così.

Nel 1981 viene pubblicato What We Talk About When We Talk About Love (Di cosa parliamo quando parliamo d’amore), il secondo libro di racconti di Raymond Carver. Nel 2009 gli stessi racconti vedranno di nuovo la luce in Beginners (Principianti) nella loro versione originale, ovvero quella in cui Carver li inviò a Gordon Lish, il suo editor. In questa nuova edizione i brani e la raccolta portano di nuovo i titoli che gli aveva attribuito inizialmente l’autore e i racconti sono stati ricondotti alla stesura finale di Carver da William L. Stull e Maureen P. Carroll per volere della moglie e poetessa dell’autore, Tess Gallagher.

Nella prima edizione Lish aveva tagliato i raconti anche del 70% e complessivamente la raccolta si era ridotta alla metà del suo volume iniziale. Paragrafi cancellati, pagine intere eliminate, finali modificati. Asciutto, freddo, impassibile. Questo era il Carver minimalista che Lish voleva consegnare al pubblico secondo una plausibile strategia editoriale. Ma forse il suo intento, nel sostituirsi all’autore con la scusa di revisionarne l’opera, era anche quello di far sì che la sua narrazione ruvida e essenziale provocasse nel lettore, a seconda dei casi, perplessità, prurito o fastidio. Non a caso, Riccardo Duranti, traduttore dell’opera di Carver per l’Einaudi, ripaga il Lish scrittore della stessa moneta: “Leggere i racconti di Lish è l’equivalente letterario di strofinarsi manciate di sabbia sugli occhi”.

Ma veniamo ai fatti. Per provare a comprendere ciò che accadde, ma soprattutto la strategia che Lish attuò per ottenere il prodotto editoriale che forse andava cercando per la sua stessa opera, ho selezionato uno dei racconti che non viene nominato da Carver nell’accorata lettera inviata all’editor e amico l’8 luglio 1980, dopo aver preso atto dell’impressionante revisione ch’egli aveva operato al suo manoscritto; lettera che conclude implorandolo: “Ti prego, prendi tutte le iniziative necessarie per bloccare la pubblicazione del libro”. Rispetto ad altri racconti, Mirino (Viewfinder) ha subito solo tagli modesti (30%), ma indicativi. Il testo è infatti estremamente interessante, da un lato per comprendere l’eccezionale bravura di Carver nel tratteggiare in pochissime righe o nella più piccola piega di un dialogo la psicologia dei propri personaggi, dall’altro l’azione sistematica di sottrazione operata da Lish per ridurre ai minimi termini l’atmosfera emotiva della narrazione e rimuovere anche la più timida manifestazione di empatia o sentimento.

Mirino racconta l’incontro fra due uomini soli. L’io narrante e il suo ospite, un uomo un po’ più vecchio di lui, sulla cinquantina, con due uncini al posto delle mani, che bussa alla porta di casa sua con l’intenzione di vendergli una fotografia. Il padrone di casa lo fa accomodare in soggiorno e gli offre un caffè. E’ incuriosito dai suoi uncini, ammaliato da come riesca a maneggiare la macchina fotografica legata al busto con delle cinghie o a sistemarsi i vestiti utilizzando dei ferri al posto delle mani. Vuol vedere come se la caverà con la tazzina del caffè. Nel frattempo, l’altro chiede il permesso di andare in bagno e gli mette in mano la fotografia che ha scattato davanti a casa sua. “Si vedeva un rettangolino di prato, il vialetto, la rimessa, i gradini dell’ingresso, il bovindo e la finestra della cucina. Che ci facevo con la foto di questa tragedia?”. Osservandola meglio, il padrone di casa riconosce l’ombra della propria figura dietro la finestra della cucina e dentro di lui si muove qualcosa, tant’è che poco dopo deciderà di comprarla. Ciò non accade per caso, ma perché nel successivo dialogo il riconoscimento di una tragica esperienza comune, l’abbandono e la separazione da moglie e figli, storia recente per il proprietario di casa, fa sì che fra i due s’inneschi una forma di empatia. Ed è esattamente da questo momento che il bisturi di Lish inizia a intervenire.

Per prima cosa Lish si assicura che il baricentro della narrazione rimanga sul punto di vista del narratore, aggiungendo ad esempio un periodo che nella versione originale del racconto non compare: “Mi ha fatto riflettere vedermi lì così. Ve lo dico io, è una cosa che fa riflettere”, afferma il padrone di casa dopo essersi riconosciuto in fotografia. In questa e altre due occasioni Lish, a differenza di Carver, fa rivolgere il narratore direttamente al lettore, proprio per evitare che lui e il suo ospite possano essere messi allo stesso livello.

In seconda battuta, l’editor tarpa sul nascere ogni forma di partecipazione emotiva. Nella versione originale, infatti, il dialogo fra i due personaggi è più fluido e indirizzato con arte verso una timida ma progressiva confidenza. In poche battute il padrone di casa mostrerà un poco il fianco e si interesserà alla storia dell’altro, che gliela racconterà rivelando il proprio stato d’animo sull’argomento. Qui arriva un primo taglio:

– E i suoi ragazzi? – Sono rimasto in attesa con le tazze in mano a guardarlo mentre si sforzava di alzarsi dal divano.

– Che vadano ‘affanculo. E ci vada pure la madre! Devo a loro se sono ridotto così –. Mi ha messo gli uncini sotto il naso. Poi si è voltato e ha cominciato a rinfilarsi le cinghie. – Mi piacerebbe perdonare e dimenticare, sa, ma non ci riesco. Fa ancora male. Il problema è tutto lì: non riesco né a perdonare né a dimenticare.” [Beginners]

– Ehi, anch’io avevo dei figli una volta. Proprio come lei, – ha detto. Sono rimasto lì con le tazze in mano a osservarlo mentre cercava di rialzarsi dal divano. Ha detto: – Sono loro che mi hanno ridotto così.” [WWTA]

A questo punto il padrone di casa prende in mano la situazione e, a fronte della sua manifestazione di solidarietà chiede all’uomo con gli uncini di fare altre fotografie di casa sua. Nella versione originale Carver a questo punto accenna a un primo scatto d’orgoglio nel protagonista, che Lish rimuove prontamente:

– Non funzionerà, – ha detto. – Lei non tornerà.

– Ma io non voglio che torni, – ho detto io. [Beginners]

“– Non funzionerà, – ha detto il tizio. – Non torneranno mica. [WWTA]

insieme al moto di comprensione del fotografo poche righe più sotto:

“– Aveva ragione sa, – ho detto io. – Hanno preso e se ne sono andati. Baracca e burattini. Ci ha proprio azzeccato.

L’uomo senza mani ha detto: – Non c’era bisogno che dicesse una parola. L’ho capito nel momento in cui ha aperto la porta –. Ha agitato gli uncini verso di me. – Si sente come se lei le avesse scavato la terra da sotto i piedi! Come se le avesse tagliato le gambe.” [Beginners]

Gli ho detto: – Tutto quanto, baracca e burattini. Se la sono squagliata alla grande.

– Guardi un po’ qui! – Ha detto il tizio e di nuovo mi ha mostrato gli uncini.” [WWTA]

I due faranno foto tutt’intorno alla casa, all’esterno, un elemento che Carver, al contrario di Lish, tiene a sottolineare: “Il solo fatto di essere all’esterno mi faceva sentire meglio” [Beginners]. Faranno ben venti scatti, finché il proprietario deciderà di salire sul tetto, idea accolta inizialmente con una certa riluttanza da parte del fotografo, che si ricrede subito dopo, quando capisce che potrà riprenderlo dalla strada. Sul tetto Carver annota ancora qualcosa che faccia intuire lo stato d’animo del protagonista, che Lish rimuove nuovamente: “Mi sono alzato in piedi e ho guardato tutto intorno. C’era un bel venticello.”

E veniamo al finale. Sul tetto, il padrone di casa trova dei sassi sulla rete che protegge la cavità del comignolo, probabilmente lanciati lassù da dei ragazzi, e decide di scagliarne uno lontano, chiedendo all’uomo senza mani di fotografarlo nell’atto di compiere quel gesto. A questo punto Carver registra attentamente due cose: lo stato d’animo del protagonista, che lanciando il primo sasso prova un senso di piacere e liberazione (ciò che avverte salendo sul tetto ne è appunto un’anticipazione), e il fatto che anche il fotografo, osservando l’esito del primo scatto, esclami con sorpresa ed entusiasmo che la foto è venuta particolarmente bene. L’eccitazione dei due, seppur immediata ed embrionale, ricorda il processo di catarsi ed espiazione che coinvolge i due protagonisti in Cattedrale, racconto conclusivo dell’omonima raccolta (Cathedral), pubblicata due anni dopo. Anche in questo caso la gomma di Lish cancella senza esitazione ogni traccia degli stati d’animo dei due personaggi, operando una sorta di fermo immagine, per consegnarceli privi di qualsiasi emotività: il primo nell’atto di lanciare un sasso (urlando un “Ora!”, che suona come il “Pull” del tiro al piattello), il secondo mentre si sta domandando se sarà in grado di scattare una fotografia in movimento. Ma il finale di Carver, apparentemente molto simile, è un’altra cosa:

– Ora! – ho gridato. Ho lanciato quel sasso con tutta la forza che avevo, verso sud. – Non so, – l’ho sentito dire. – Si è mosso, – ha detto. Tra un attimo vediamo, – e infatti dopo un attimo ha detto: – Perdio, è venuta bene –. Sa una cosa? – ha detto. – E’ venuta benissimo. – Rifacciamolo, – gli ho gridato io. Ho preso un altro sasso. Ho sorriso. Mi sentivo come pronto a decollare. A volare. – Ora! – ho gridato.” [Beginners]

– Ora! – E ho tirato quel figlio di puttana il più lontano possibile. – Non lo so mica, – l’ho sentito gridare. – Di solito non faccio scatti in movimento. – Ancora! – ho urlato, e ho raccolto un altro sasso.” [WWTA]

Nel caso specifico di Mirino si può lecitamente affermare che il racconto di Carver non sia stato stravolto da Lish, nemmeno modificato nella sua sostanza. Tuttavia, confrontare in dettaglio le due versioni aiuta a comprendere come togliere emotività ai personaggi possa sì aggiungere libertà all’interpretazione del racconto, ma anche rischiare di caricare il lettore di un compito più grande, di quello che gli avrebbe voluto affidare l’autore.

A una settimana di distanza dalla prima lettera, in cui supplicava il proprio editor di bloccare la pubblicazione del libro, Carver si esprimerà in termini sorprendentemente differenti: “Sono molto emozionato per il libro e la sua imminente uscita. […] Non insisterò né mi accanirò troppo, perché so che il libro stupirà e darà piacere. […] se pensi che io sia il peggior nemico di me stesso, sai che c’è, bè, allora insisti con la versione finale della seconda revisione”. Forse iniziava a calarsi nel personaggio confezionato per lui dall’amico editor e scrittore? Più probabilmente decide di non rinunciare al contratto con la Knopf e alla possibilità di ritagliarsi una certa stabilità economica e psicologica, affrancandosi, almeno questo era il suo auspicio, dai propri demoni, in particolare dalla dipendenza dall’alcol.

La rivincita è un piano che si concretizzerà solo dopo una paziente attesa e un continuo dibattito. L’anno dopo, infatti, mentre starà lavorando ai racconti che confluiranno in Cathedral, Carver scriverà a Lish queste parole: “Però so che tra questi 14 o 15 racconti che ti darò ce ne sono alcuni che ti faranno arricciare il naso, che non coincideranno con l’idea che la gente si è fatta di come deve essere un racconto di Carver – e per gente intendo te, me, i lettori in genere, i critici. Comunque io non sono loro, non sono noi, sono io”.

Dovrà attendere ancora qualche anno prima di liberarsi definitivamente del proprio editor e del contratto con la Knopf. Ma ne passeranno almeno altri venti prima dell’edizione di Beginners nella sua forma originale. Troppo tardi per Carver, che morirà nel 1988. Ma non per i suoi lettori.

Raymond Carver – fonte: web

Note:

  • WWTA: abbreviazione del titolo coniato da Lish per la prima edizione della raccolta di racconti, What We Talk About When We Talk About Love.
  • 1981, anno di pubblicazione negli USA di Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, Ed. Knopf.
  • 1987, anno della prima edizione italiana di Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, Garzanti.
  • 2009, anno di pubblicazione di Beginners negli USA, Ed. Chatto Bodley Head & Cape, e di Principianti in Italia, Einaudi.
  • Tutte le citazioni sono tratte dalle seguenti edizioni: Principianti, Einaudi, 2009 (trad. Riccardo Duranti), che include le lettere di R. Carver a G. Lish; Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, Einaudi, 2015 (trad. Riccardo Duranti.

un bravo scrittore

un bravo scrittore
non è un filosofo
né un curatore.
ha in mano
bisturi da chirurgo
cosmetici da visagista.
gli dicono: falla più bella.
se ci si mette, però
la cosa gli prende la mano.
allora apre, scava
disseziona.
infine richiude, cuce
ricompone ciò che ha fatto a pezzi con cura.
e conclude: non c’è più niente da fare.
un bravo scrittore
va fino in fondo
dopo tanto imbrogliare
cincischiare invano
lui gira le carte
e vede
il disfacimento
l’annullamento
che mette tutti in fila per uno
sopra lo zero.
perché è solo da lì
che si vede
anche il più esile stelo.

[P.B., 12/4/2019]

Cairn

Cairn

“Cairn”, ometti segnavia – foto: Silvia G.

viaggio col silenzio
da prima di aprire gli occhi
la mia testa un finestrino oscurato
dietro il quale nessuno mi vede.
da sempre raccolgo briciole cadute
per un disallineamento congenito
che affastello in isterici segnavia
cui sorrido eccitato, soddisfatto
nel prodigio ossessivo
di un dolore risvegliato.