Una poesia di Antonio Bianchetti

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Il 14 aprile ci ha lasciati prematuramente Antonio Bianchetti. Una persona, un poeta, un appassionato cultore dell’arte in tutte le sue forme e contaminazioni, che ho avuto modo di incontrare almeno una volta di persona, abbattendo le distanze della frequentazione nel web, dando così un volto alla sua presenza, al suo pensiero. Non mi sento titolato a parlare di lui. Posso solo dire che mancheranno, anche qui, la sua animosa e scrupolosa ricerca, la sua profondità, la sua capacità di alzarsi in volo, la sua generosità, il suo sorriso.

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PIOGGIA GELIDA

Lamento di un pupazzo di neve

Non posso che assimilare torture
mentre il tempo spacca il silenzio
luce divelta dalle urla
paragoni che si intrecciano
sul viso sfatto
lacerato dai tagli delle chiacchiere
come se il passato
fosse solo un’invenzione

La decomposizione delle forme
aumentava le paure
che più profonde ho colto

trasfigurate come sagome di facce
nei luoghi aperti dell’immobilità

nei deserti chiusi dove ognuno
ha una colpa da nascondere
Ma
è alle sue origini
che voglio tornare
degustando la vertigine che affiora
e che ormai
troppo spazio ha aperto
Eppure
ogni mattina mi adagio
a rintracciare echi
di inganni e di massacri

a sciogliere
insieme alla mia pelle
voci confuse e note
e bombe termonucleari
dentro alla chiusura di una palpebra
Tra tutte le voci del giorno
lento svanirà
il solitario tormento

fioco monologo perduto nell’alba
pronto a lacerare la prossima luna

grido mannaro
che ripopola gli squarci
come se l’acqua fosse
un rigagnolo di sangue

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[da “Esilio di sicurezza”, di A. Bianchetti, C. Stenardi, M. Isola, 2008]

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Giovanni senza terra

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Rivoluzione industriale, involuzione tecnologica.

Quando tutto ebbe inizio?

Era forse scritto in catene intrecciate e invisibili,

le stesse che un rigurgito biologico può trasformare in concime,

che fossimo noi il cancro di questo pianeta?

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Un aratore senza campo, cavaliere appiedato,

guida e cavalca macchinari

e odora di natura, grasso e acciaio,

come altri odorano di cavallo.

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I tramonti, sopra i tetti senza frutti,

gli rivelano, attraverso le cortine di fumo

il tempo del domani e portano una gioia

nelle officine dove sogna i suoi raccolti.

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Nel frattempo un’altra idea della natura,

riflessa dalle macchine, dalla gente,

cresce nella sua mente fino a fargli sentire

il diritto a una proprietà senza confini.

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[“Giovanni Senzaterra”, Edouard Roditi, in Magazine of Verse, Giugno 1940, trad. G. Cerrai]

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Immagine: Gianluca Fretti

il parto

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piccolo uomo

mai prima d’ora scorgesti un’alba

oggi, che strilli a fare?

suona inutile il tuo lamento

essere invisibile all’occhio del gigante.

clandestino al mondo

sottomessa, negata pulsione

hai preteso di vedere te stesso

imberbe, ignorante puer

redento e salvo

prodigo narratore

attore solerte e franco.

sei pavida voce bianca

in un coro che non intende.

povero, piccolo uomo!

nella tua paresi fredda

rimpiangi il torpore

che fu tenero e tiepido ventre

alla tua mutila mente.

e già non hai più parole.

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[P.B., 26/04/2008]

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Immagine: Giovanni Beretta

A I

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Il pensiero

salvezza e minaccia

fuggevole consapevolezza

incontrollato progresso.

Libertà e schiavitù.

Abbiamo ucciso più volte dio

per crearne ogni volta uno più potente e pericoloso.

Razionalità, illuminismo: fuochi fatui, illusioni

che bruciano in fretta.

Un altro è il destino dell’umanità.

Privarsi del libero arbitrio

e sottomettersi alle proprie invenzioni

in un continuo succedersi di periodi d’oscurantismo.

Uomo. Essere debole e fallace.

Si dice guardiano del pianeta

ma non è in grado di badare a se stesso

e si rifugia in mondi virtuali

per non ammettere la sconfitta.

Inutile a se stesso, si estrometterà da solo.

I più moriranno di stenti e povertà intellettuale.

I pochi abbienti, convinti di essere ancora liberi

si annienteranno l’un l”altro.

Uomo. Non ti insegna nulla

la spirale strozzata della storia?

La velocità ti fa perdere i sensi.

Indicibile ciò che ti aspetta.

Immorale e turpe.

Come ogni guerra santa

come ogni sterminio.

Senza dignità, né coscienza

i tuoi simulacri ti condurranno al patibolo.

Cederà prima la memoria

e ti nutrirai dell’inganno.

Non serviranno arringhe o sermoni

né l’arte subdola della retorica.

Quando sarà il momento, basterà muovere un dito

un semplice click

e chiuderai gli occhi.

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[P.B., 10/12/2023]

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Immagine: foto vintage che ha vinto un prestigioso concorso fotografico. Il dichiarato autore, però, non ha ritirato il premio, rivelando che si trattava di un esperimento con l’intento di capire come sarebbe stata valutata una foto integralmente realizzata dall’intelligenza artificiale.