La morte dell’anima

Ed ecco che il sipario delle abitudini, il confortevole tessuto dei gesti e delle parole in cui il cuore si assopisce, si alza lentamente e scopre finalmente la faccia livida dell’inquietudine.
L’uomo è di fronte a se stesso: lo sfido ad essere felice…
Eppure in questo il viaggio lo illumina.
Si fa un grande disaccordo tra lui e la casa.
In questo cuore meno solido, entra più facilmente la musica del mondo.
In questa grande mancanza, il più piccolo albero isolato diventa la più tenera e la più fragile delle immagini.
(…)
E poi, alla fine del giorno, questa stanza d’albergo dove qualcosa si scava di nuovo in me come una fame dell’anima.

[A. Camus, “Il rovescio e il diritto”, “La morte dell’anima”]