Ho desiderio di cose immortali

.

.

.

Ho desiderio di cose immortali.

La fatica delle api

e degli uccelli migratori.

Degli uomini

calpestati come steli

che risorgono alla prima rugiada.

Ho bisogno di cose immortali.

I piumini dei pioppi

che si fermano sulle reti metalliche

intorno agli orti.

Gusci di chiocciole

e saluti in fondo alle lettere dalle trincee.

.

[testo e immagine di Veronica Pellegrini]

Una cartolina da Matera

.

.

.

Un mio brevissimo racconto, dal titolo Sabato santo (apparso qui in una sua prima versione), ha ricevuto menzione al concorso Una cartolina da Matera – IX Edizione indetto dall’Associazione Culturale Matera Poesia 1995.

L’occasione è graditissima per visitare nel mese di ottobre la suggestiva città, incontrare altre persone che scrivono e, perché no, farne viaggio a parole.

P.

Mente pigra

.

.

.

L’unico argomento dei nostri discorsi durante la colazione fu il segnale d’allarme della notte passata, che non si udiva più dai primi di marzo. Dato che c’era stato soltanto quel segnale d’allarme senza che vi seguisse l’altro di un attacco effettivo, tutti si calmarono e conclusero che non poteva essere successo niente di tanto grave. Quanto a me, sia l’un caso che l’altro facevano perfettamente lo stesso. Riflettei che quand’anche la nostra casa fosse stata rasa al suolo durante la mia assenza, quand’anche mio padre, mia madre, mio fratello e mia sorella fossero periti al completo, non avrei trovato nulla da eccepire.

Allora un pensiero del genere non sarebbe parso indizio di eccessiva aridità mentale. A quei tempi la nostra immaginativa era stata impoverita dal fatto che l’evento più fantastico che riuscissimo a concepire poteva verificarsi sul serio da un momento all’altro come una faccenda di ordinaria amministrazione. Era infinitamente più facile immaginare l’annientamento totale della propria famiglia che non raffigurarsi come ormai nell’ambito di un passato remoto, impossibile, per esempio una fila di bottiglie di liquori importati messa in mostra in una vetrina della Ginza, oppure la vista d’insegne al neon ondeggianti nel cielo notturno sopra la Ginza medesima. Quindi la nostra immaginazione si incanalava in sentieri più comodi. Un’immaginazione di questa specie, che segue il sentiero meno impervio, non ha alcun nesso con la freddezza di cuore, per crudele che possa apparire. E’ nient’altro che il frutto di una mente tiepida, pigra.

Da “Confessioni di una maschera”, Yukio Mishima, Ed. Feltrinelli, Trad. Marcella Bonsanti

.

.

Immagine (web): Hiroshima, dopo il 6 agosto 1945

Mer animée

.

.

.

Le onde cominciavano al largo e venivano avanti scivolando a fior d’acqua in forma di verdi gonfiori agitati. I gruppi di scogli bassi s’inoltravano per un buon tratto nel mare, dove la loro resistenza alle onde lanciava in aria alti spruzzi, simili a bianche mani levate a chiedere aiuto. Gli scogli, tuffati nella liquida sensazione di abbondanza profonda, parevano assorti in sogni di gavitelli che avessero rotto gli ormeggi. Ma in un baleno il cavallone se li era lasciati indietro e filava verso la spiaggia senza rallentare la corsa. Mentre si avvicinava alla sponda qualcosa si svegliava e si ergeva all’interno del suo verde cappuccio. L’onda ingrandiva, e rivelava a perdita d’occhio la lama aguzza dell’enorme mannaia del mare, librata e pronta a colpire. All’improvviso cadeva il ferro turchino della ghigliottina alzando un bianco zampillo di sangue. Il corpo dell’onda schiumava e rotolava e inseguiva la propria testa mozza, e per un attimo rifletteva l’azzurro puro del cielo, quello stesso azzurro sovrumano che si specchia negli occhi del morente…

Da “Confessioni di una maschera”, Yukio Mishima, Ed. Feltrinelli, Trad. Marcella Bonsanti

.

.

Immagine (web): Versione a colori della Grande Onda da “Cento viste del Fuji”, Secondo Volume

Abbiamo studiato e poi dimenticato

.

.

.

Abbiamo studiato e poi dimenticato

con troppa facilità, in vero: ci è mancato il ripasso.

A suo tempo, imparammo anche la musica

e ancora portiamo con noi uno strumento

come la speranza di un divenire possibile.

Ma le dita curiose e inconsapevoli

con cui allora esploravamo la tastiera

oggi si muovono cieche e goffe

senza alcuna convinzione

nell’ironica ricerca di un suono

che non potremo udire.

.

[P.B., 14/08/2023]

.

.

Immagine di Veronica Pellegrini

Il mio film preferito

Il mio film preferito – come dovresti sapere e come avrei saputo anch’io se solo fossi riuscita a pensare, quando me lo chiese l’infermiera – è “Il posto delle Fragole”. Mi ricordo la saletta umida dove andavamo a vedere tutti quei film svedesi e giapponesi e indiani e italiani, e mi ricordo che al tempo avevano smesso da poco di proiettarci film di cassetta, tipo Dean Martin e Jerry Lewis, ma non riesco a ricordare come si chiamava. Considerando che insegnavi filosofia a futuri ministri del culto, il tuo film preferito doveva essere “Il Settimo Sigillo”, ma chissà poi se lo era. Mi pare che fosse giapponese e non mi ricordo di cosa parlasse. Comunque, avevamo l’abitudine di chiacchierare, tornando a casa dal cinema: erano tre o quattro chilometri e improvvisavamo accesi dibattiti sull’amore umano, sull’egoismo e Dio e la fede e la disperazione. Una volta arrivati davanti alla mia pensione, dovevamo zittirci.

Ahhh, dicevi sempre, pieno di gratitudine e meraviglia, dopo che eri entrato.

Da “Prima che tutto cambi”, dalla raccolta “Il sogno di mia madre”, Alice Munro, Ed. Einaudi, Trad. Susanna Basso