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Dopo anni di convivenza pressoché silenziosa a pochi metri di distanza, un giorno Stefano si affaccia ed entra felpato nel mio ufficio. Non è per questioni di lavoro, deduco osservandolo scrutare fuori dalla finestra in silenzio. Se parla di lavoro è per rompere il ghiaccio, mi dico. E così è. Dopo qualche balla su quel tal progetto e i conti che, come sempre, non torneranno, fa per uscire quand’ecco si volta, si irrigidisce, mi punta un indice addosso e spara: Tu sei un poeta, no? Ora sono io a irrigidirmi: è una domanda cui non so rispondere. Se lo faccio, dico sempre qualcosa di cui pentirmi. Per cui sorrido, in silenzio, sprofondando un po’ sulla sedia, i miei monitor mi fissano come due condanne.
E’ così che alcune pagine dattiloscritte sono finite sulla mia scrivania.
Ah, non è mica stato così semplice. Stefano, Fusto per chi lo conosce un po’ meglio, è persona accurata, ponderata, riflessiva e molto cauta. Le sue parole, quelle giuste, bisogna saperle aspettare. Ti si avvicina, ti scruta con uno di quegli sguardi che ti fan dubitare che sia davvero lì con te e, se non è ancora il momento, scuote la testa e se ne va senza dire niente. Col tempo si impara ad attenderlo, il momento.
E’ così che ho scoperto che Stefano, la notte, scrive.
Lo fa su un quaderno a quadretti con i fogli tenuti insieme da una spirale, qualche giorno dopo me l’ha mostrato. L’ha sfogliato con aria complice e ha detto: Adesso ne trascrivo qualcuna, non l’ho mai fatto. Sono seguiti sguardi, mezze parole e ammiccamenti nei corridoi dell’ufficio, finché una mattina apro la posta elettronica e trovo una sua mail. Il nostro piccolo grande segreto, da trattare con cura.
Io non so se Stefano sia un poeta. So che anche lui come tanti avverte l’esigenza di tracciare sulla carta sensazioni, pensieri, memorie, sogni, ferite. E lo fa senza cercare parole speciali o costruire immagini, bensì usando gli strumenti che ha a portata di mano. Io me lo sono immaginato, nella sua taverna, la stessa in cui scolpisce il legno e distilla liquori. Me lo son visto seduto sul suo divanetto rivestito di lana, un bicchiere in una mano, l’altra che gli tormenta il volto. O al tavolo di cucina, la mattina presto, prima di andare al lavoro. Come Paterson, il protagonista dell’omonimo film.
Io non so cosa sia la poesia, ma ho capito che a volte è fatta di cose semplici, e vere.
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Padre di figlie femmine,
occultatore di cadaveri,
minaccia per giovinastri malintenzionati,
gambizzatore a domicilio.
Padre di figlie femmine,
finto libertino,
nottambulo tachicardico.
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Parole.
Un sacco di parole.
Per celare la mia vera intenzione.
Poi rapido.
Furtivo.
Un bacio.
Poi, ad occhi chiusi,
l’attesa interminabile
di un tuo enorme schiaffo.
Poi le labbra.
Le tue.
Prima delicate.
Poi decise.
Sono in paradiso.
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Ora sono sveglio.
Peccato.
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Eccoti.
Sei arrivata.
Ora non sento più nulla,
ma non mi importa.
Ora nulla ha più senso,
sono completamente assente.
Ora sento tutto,
sento tutto molto forte.
Non sento più caldo,
ma neppure freddo.
Non ho più tristezza,
ma neppure allegria.
Non ho più entusiasmo,
ma non saprei cosa farmene.
Non sento dolore,
ma neppure piacere.
Non sento più fame,
tuttalpiù sete.
Non so che giorno è,
ma non è rilevante.
non so che ore sono,
non so dove sono,
non so chi sono,
non sento la pioggia.
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Tutto mi hai tolto.
Tutto ciò che mi faceva volare.
Tutto il mio essere.
Tutto il mio sangue.
Tutto il mio corpo.
Tutta la mia anima.
Ora hai tutto di me.
Sono morto più e più volte,
e più e più volte sono risorto,
per poterti dare ancora qualcosa.
Ma ora è finita,
sono completamente svuotato.
Anzi no.
Ora sono pieno si sensi di colpa,
perché non posso più darti nulla.
Mi hai tolto tutto.
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Piedi fracassati,
mani insanguinate,
porte disfatte,
mignoli gonfi,
urla urlate,
polsi doloranti,
ginocchia piegate,
pianti accarezzati.
Dure sentenze
acclamate dall’interno
basate su giudizi
di gente senza senno.
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Non cercate una metrica,
non la troverete.
L’Amore non si può definire,
né tantomeno misurare.
Non cercate delle rime,
non le troverete.
Le Emozioni non vanno in coppia,
sono uniche ed irripetibili.
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[Stefano Fustinoni, Novembre 2020]
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Immagini di copertina: Lucciole elettriche e Specchio di neve, di Laura Salvi
La poesia è fatta di cose semplici e vere… Perché è come il pane quotidiano, fa parte di quel mondo parallelo dove custodiamo le parole che a volte sono difficili da far uscire, ma che trovano un altro canale per venire al mondo. Qui, tra questi versi, scandito é il ticchettio dell’orologio emotivo, ed è un bel leggere. Una scrittura diretta, senza filtri con cui l’autore lascia l’impronta. Dalla notte al giorno le parole diventano liriche di vita. Complimenti a Stefano. E un grazie a te, Paolo, perché ti soffermi, dai attenzione alle voci nascoste. Un caro saluto Catia.
Grazie a te, Catia, che leggi e mi fai leggere. I versi di Stefano (ne ho taciuti molti) sono intime rievocazioni d’incontri vissuti, mancati, forse solo sognati. Sono immersioni notturne dentro di sé e il proprio bagaglio emotivo (c’è anche una forte romantica tensione al sentimento, quello buono, con la A maiuscola). Sono migrazioni colme di tenerezza e di sacro rispetto. Non c’è disperazione difronte alla tristezza o alla malinconica dilatazione di una mancanza. Prevale il bello di ciò che si è potuto provare, anche solo per un momento, il piacere di essere in grado di riviverlo.
L’emotività è la base del mio scrivere e del mio vivere, senza veli e senza giri di parole.
Grazie mille Catia.
È stato un piacere leggerti Stefano.
l’ultimo verso condensa un mondo
Sì, hai ragione, Daniela. Nulla è più unico e vero del vissuto. Ma ciò non ci trattiene né ci scoraggia (per fortuna) dal dire.
Ottima scelta il tuo racconto (che avevo letto sul tuo libro) e le poesie di Stefano 🙏
Grazie Marta. Sono felice che ti siano piaciute.
Grazie. Resto senza parole.
Come sempre i tuoi racconti hanno le sembianze dell’emozione più autentica, perché alla domanda: “Tu sei un poeta, no?” Anch’io mi irrigidisco e non so cosa rispondere. Ma poi come sempre vince la poesia stessa incarnata benissimo nella lirica finale, anch’essa autentica, come le altre d’altronde, vissute in maniera semplice in quelle ore dove tutto è possibile, anche essere un poeta (!)
Sono felice di condividere con te questo imbarazzo! 🙂 Ma soprattutto di sapere che le parole di Stefano risuonano.
Ti svelo una cosa: sta associando degli schizzi alle poesie (ben più di schizzi in realtà, somigliano a dei bozzetti preparatori – d’altronde lui è anche scultore del legno…). Deliziosi. E’ un bel quaderno quello di Stefano. Magari riuscirò a proporre qualche stralcio in futuro… Così come è bella la contaminazione e la sperimentazione fra le diverse arti (domestiche e genuine).
Benissimo !!!
Ognuno di noi può essere ciò che vuole. Certo sentirsi dare del “poeta” risuona quasi blasfemo in alcuni casi. Ma sono dell’idea che ognuno di noi possa esprimere se stesso liberamente.
rubo l’iltima per il Domenicale del 20 dicembre
Benissimo! Il “Fusto” apprezzerà!… 🙂
dì al 2Fusto” che la poesia parte così, più latte e meno cacao, poi pian piano si fa fondente, ciao Paolino
🙂 Bella! Ma tu del Fusto hai visto l’amaro (io solo caffè amaro) che ho filtrato io… E’ molto più romantico (passami il termine) di quel che può sembrare…
abbè, aggiungi zucchero allora
Faccio così: chiedo una preferita al diretto interessato… 😉
Una cosa non ti ho detto!
Ieri ho saputo che il libello uscirà a Marzo (spero sia l’inizio di una nuova era…)
speriamo dai
Ne sono veramente onorato.
piacere mio
La selezione di Paolo ha un grande filo conduttore , la parte amara, quella che emerge nei momenti bui; ma esiste anche tanto miele con il quale cospargere giorni e notti. In realtà, effettivamente, come dice Paolone, purtroppo, sono un inguaribile romantico. Nonché tremendo sognatore. Alcuni mie deliri sono talmente zuccherosi da far venire il diabete solo leggendoli.
Gioielli Rubati 123: Amina Narimi – Felice Serino – Giovanni Baldaccini – Guido Mazzolini – Luigi Paraboschi – Luciana Luzi – Daniele Corbo – Stefano Fustinoni. | almerighi
Dolcezze – Un cielo vispo di stelle
La vita tutta è poesia. I poeti esistono in virtù di essa. Gli scrittori raccontano storie, i poeti danno voce diversa alle cose della vita. Chi decide chi è scrittore davvero, chi è poeta? Certo esiste un’accademia, esistono quelli bravi che decretano chi è poeta e chi non lo è, chi va a capo pensando di aver composto dei versi, chi è bravo con le figure retoriche e….a me personalmente piace chi, inconsapevolmente, regala un brivido inatteso, inaspettato. Scrivere poesie per me ha sempre voluto dire muoversi in silenzio dentro un sentire molto personale, cercando il modo migliore di fermarlo con le parole così da potermi rivivere e risentire, rileggendomi. Riuscire a trasmettere a qualcuno diverso da me quel sentire è una impresa davvero non semplice perché passa attraverso la capacità di scrivere, la sensibilità e l’affinità di chi ti legge. Forse in questo si distinguono i poeti veri perché riescono ad arrivare a tutti. A me questi versi sono arrivati, ma quello che credo sia arrivato al meglio è il tempo di questa scrittura, il frammento, l’istante fermato, quasi una sentenza su un momento, una sentenza senza appello. Così è stato e così sarà sempre, non ci sono margini per sfumature, accenni, sospesi. Il vissuto è lì, tutto insieme, prendere o lasciare. Io sono così. Bello. (si sa che non mi piacciono le mezze misure…)
Grazie “poetessa”. Avviso Stefano del tuo sentito, empatico commento.
Grazie mille per le tue bellissime parole. Sono estremamente felice che le mie ti siano arrivate. Sono dritte, senza fronzoli e senza maschere. Hai preso in pieno il mio essere: una sentenza senza appello.
Stefano
Ora ricordati che puoi togliere dal cassetto il tuo quaderno per farti leggere. Sarebbe un peccato rimanere nascosti, non trovi? A presto. Silvia